Langhe Nebbiolo Rinaldi 2015

Non sono molte le persone che conoscevano il motivo del perché ti chiamavano “citrico”. Quel carattere langarolo, verace, un po’ burbero e un po’ scontroso, quel filo di voce di poche parole, molto misurate, ma che avevano il grande pregio di trasmettere l’amore per la propria terra e che si riscontravano nel sudore della tua fronte e nei solchi delle tue mani.

Noi discepoli del tuo credo, organizzavamo continue visite in cantina con la speranza di cercare di strappare anche solo una delle tue bottiglie, non importa di cosa e magari presa da quel bancale destinato alla Finlandia. Visite che potevano durare solo pochi minuti perché davi l’impressione che ti rompessimo le balle e “perché avevi gli operai in casa”, così come potevano durare ore intere, perché quel giorno eri “in vena” e quindi ti andava di raccontare anche delle gite in lambretta con i tuoi amici, fino a Montecarlo, per vedere il Gran premio di Formula Uno. C’erano giorni dove l’unico assaggio che potevi fare era quello della freisa appena imbottigliata, mentre altre volte capitava la fortuna di vederti stappare davanti a te un Barolo “d’annata”. E quella sdraio con la scritta “l’uso migliore della barrique”. Mi perdonerai, caro Beppe, se amo tutt’ora anche i Barolo fatti in legno piccolo.

Non c’era distinzione nei tuoi vini, tutto era “trattato” alla stessa maniera, sia che si trattasse del Rouché o di un grande Brunate. E questo Nebbiolo bevuto stasera in tuo onore, è stato l’estrema sintesi del tuo essere, del tuo vivere. Scorbutico appena aperto, quella volatile che fa sempre capolino sulle prime, quasi a mettere quel segno di fabbrica, indelebile e marchiato con la ceralacca. Ed è proprio nella volontà di spingerti oltre dove facevi selezione nel scegliere chi è veramente in grado di gradire o di amare i tuoi vini. Già perché c’è una profonda differenza tra gradire e amare. Solo chi sa andare oltre nel cogliere le piccole sfumature, allora trarrà le giuste emozioni. Quel ribes e quel geranio nel frattempo si erano trasformate in violetta e ciliegia. Nella 2015 c’è poi quel qualcosa di evoluto in più e che sfocia in sentori di cannella, chiodi di garofano, cuoio e balsamico. Tanto balsamico. Al palato è interminabile nonostante ci sia quel tannino incisivo, ruvido, tenace a fare da contrappunto. Ma sarà forse la percezione che tu non sei più tra noi, a renderlo tutto più magico.

O forse no, forse lo era già di suo.

Il finale ti lascia però con l’amaro in bocca, ma quello non è dovuto al vino, ma perché sappiamo che tu non sei più tra noi.

Ci mancherai e non ci stancheremo mai di ricordartelo.

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